Gita sul massiccio del monte Bianco, salita da due vie diverse la Tour Ronde!

il video del c.a.z. sul canale Gervasutti

“Non so, non è banale , una cordata sulla nord e una sul Gervasutti, boh, son quasi 4000 metri, è fine maggio non abbiamo quota, vabbè sentiamoci.” questo era il tenore delle mie risposte alla proposta si salire la Tour Ronde la domenica successiva. Come al solito abbiamo iniziato a pensarci veramente dal mercoledì al pub, sebbene alcuni di noi ce l’avessero in testa da settimane. Al venerdì ultima occhiata alle previsioni e ultima telefonata al rifugio Torino,il tempo dovrebbe essere buono fino a lunedì e le condizioni sono ottime. “Domani andiamo” appuntamento in piazza Dante alle 8.30 ma prima delle 11.30 non prendiamo l’autostrada verso Curmayeur, dobbiamo infatti recuperare nell’ordine: 2 ciaspole a casa dei genitori di un cazzaro che però sono in ferie a Dublino, 2 viti da ghiaccio prestate da un ragazzo del soccorso alpino, un paio di guanti pesanti per delle manine delicate da medico,cibo e bevande, altre 4 viti da ghiaccio che la cordata sulla nord vuole avere 8 (otto) viti da ghiaccio. Ne userà 2 (due). Comunque riusciamo a salire al Torino verso le 15, la scalinata dalla funivia al rifugio ci da il benvenuto alla quota per la stagione 2015, saliamo pianissimo e carichi di materiale. Un pò preoccupati. Per fortuna la gente che scende ci conferma che la Tour Ronde è in condizione e che l’avvicinamento si può fare senza ciaspole\sci. Facciamo 2 passi fino a scollinare verso la Mer de Glace e subito ci coglie fortissima un’emozione che conosciamo: l’ambiente, l’alta montagna, ogni guglia di ghiaccio o roccia che ha un nome di quelli che fanno la storia, siamo come intontiti da questo circo micidiale. Ci guardiamo intorno come bambini . Spendiamo il resto della giornata a giocare con arva,pala e sonda e a preparaci la cena, a questo punto una simpatica sorpresa: le previsioni anticipano il brutto tempo alle 16, dobbiamo essere veloci, non è tranquillizante. A letto presto, poche ore di sonno agitato, sveglia alle 3.30, fornellino col te, gocciole (che in quota l’olio di palma non lo consideriamo) e poi è click di frontali, ringhio di ramponi, fruscio di corde e cozzare metallico del materiale, usciamo e non è freddo come ci aspettavamo, ne siamo un po’ contenti e un po’ preoccupati per le condizioni della neve nella mattinata, per ora è splendida. Dopo un’ora scarsa siamo sotto l’attacco della nord: gli abbracci sono stretti, ci dividiamo le radio: “Ci vediamo in cima cumpà!” “dai dai, cazzimma ma tranquilli e concentrati!”. Non è rassicurante dividersi dai due più esperti alle 5 del mattino sotto al Monte Bianco. Camminiamo ancora mezz’ora e siamo all’attacco del Gervasutti. La terminale si passa a sinistra, non è molto problematica. Poi saliamo in conserva con un buon ritmo, la neve è fantastica con qualche centimetro di fresca sopra quella trasformata, ci sentiamo a nostro agio sebbene sia la prima volta in queste condizioni per entrambi. A metà canale, con i polpacci che mordono, ci fermiamo a bere, la cordata che ci precedeva è già uscita in cresta, sotto non abbiamo nessuno. E’ bellissimo e pauroso, una valanga sul Gran Capucin rimette al suo posto l’essere umano rispetto alla montagna. Ripartiamo e dopo poco tempo siamo sulla cresta che ci divide dalla nord. Usciamo al sole e guardiamo verso il basso, non si vedono i cazzari, non rispondono alla radio. “sono le 7,20” “cazzo siamo andati forti” il sole illumina ora il Bianco e la Brenva, ho gli occhi lucidi e non è solo l’effetto del vento, ho una sensazione fisica di felicità (questa roba qua o la si prova o spiegarla è, secondo me, impossibile). Qualche passaggio di misto e siamo sulla vetta, abbiamo i brividi e ridiamo. Dopo una mezz’ora decidiamo di scendere, il freddo si fa sentire e i compagni li aspetteremo un po’ più ridossati. Mentre ci alziamo compaiono sotto la vetta, a quel punto abbracci, strette di mano, acqua, cioccolata e sorrisi per non più di qualche minuto che la discesa non è banale e le gite finiscono al rifugio. La neve inizia a spappolarsi, le creste sono molto delicate e i passaggi di misto non sono tra i più agevoli ma ad un certo punto ci cade l’occhio su un paio di cordini intorno ad un pietrone, “togliamoci da sta cresta aerea e facciamo una doppia, poi dovremmo scendere qualche metro faccia a monte e siamo fuori”. 20 minuti dopo superiamo la terminale e ci prepariamo a camminare sul ghiacciaio nel caldissimo mezzogiorno, alle 13 entriamo in rifugio sudati, stanchi, un po’ disidratati e felici, felicissimi. Poi merenda, funivia,merenda e autostrada fino a Genova dove la serata finisce in pizzeria con il resto del c.a.z. di ritorno da Finale.

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