Le 2 facce della Tour Ronde

[Che è uguale all’articolo precedente MA c’e’ anche (in corsivo) il punto di vista dell’altra cordata]

“Non so, non è banale , una cordata sulla nord e una sul Gervasutti, boh, son quasi 4000 metri, è fine maggio non abbiamo quota, vabbè sentiamoci.” questo era il tenore delle mie risposte alla proposta si salire la Tour Ronde la domenica successiva.

“Ma se invece andiamo tutti di la’ e a fare la nord ci torniamo? Cosi’ possiamo dividerci meglio, siamo tutti piu’ sereni e magari vengono anche altri…” il dubbio amletico che fa ballare tra l’inclusività e un pizzico di egoismo ci rode fino all’ultimo secondo prima di fare lo zaino.

Come al solito abbiamo iniziato a pensarci veramente dal mercoledì al pub, sebbene alcuni di noi ce l’avessero in testa da settimane. Al venerdì ultima occhiata alle previsioni e ultima telefonata al rifugio Torino,il tempo dovrebbe essere buono fino a lunedì e le condizioni sono ottime. “Domani andiamo”.

“Va bene, domani andiamo”. Eddaje!

Appuntamento in piazza Dante alle 8.30 ma prima delle 11.30 non prendiamo l’autostrada verso Curmayeur, dobbiamo infatti recuperare nell’ordine: 2 ciaspole a casa dei genitori di un cazzaro che però sono in ferie a Dublino, 2 viti da ghiaccio prestate da un ragazzo del soccorso alpino, un paio di guanti pesanti per delle manine delicate da medico,cibo e bevande, altre 4 viti da ghiaccio che la cordata sulla nord vuole avere 8 (otto) viti da ghiaccio. Ne userà 2 (due).

“Ma dove l’hai letto OTTO VITI?!”
“Su una relazione, dice 8 viti e dei friend medi”
“ma ti rendi conto che su un tiro di cascata verticale da 40 metri di chiodi ne abbiamo messi 4? Dove le mettiamo 8 viti?”
“Vuoi arrivare al rifugio e ridere di quanto materiale in piu’ abbiamo portato o vuoi arrivare a meta’ tiro sul ghiaccio vivo a maledire tutti gli dei perche’ ti vuoi proteggere e non puoi?”
“ma che cazzo c’entra, allora se volevo stare sereno stavo a casa a giocare a cirulla”
“non ci sai giocare a cirulla che sei marchigiano”
“vabbeh a fare i monotiri di V spittati a finale in maglietta allora”
“piove a finale domani e cmq a finale te li porti i rinvii o no?”
“i rinvii mi porto, mica il trapano”

ecc. ecc. ecc. ecc……

Comunque riusciamo a salire al Torino verso le 15, la scalinata dalla funivia al rifugio ci da il benvenuto alla quota per la stagione 2015, saliamo pianissimo e carichi di materiale. Un pò preoccupati. Per fortuna la gente che scende ci conferma che la Tour Ronde è in condizione e che l’avvicinamento si può fare senza ciaspole\sci.
Facciamo 2 passi fino a scollinare verso la Mer de Glace e subito ci coglie fortissima un’emozione che conosciamo: l’ambiente, l’alta montagna, ogni guglia di ghiaccio o roccia che ha un nome di quelli che fanno la storia, siamo come intontiti da questo circo micidiale. Ci guardiamo intorno come bambini e spendiamo il resto della giornata a giocare con arva,pala e sonda.

“Guarda la freccia e la segui, 2 secondi guardi il cazzillo e 5 secondi ti guardi intorno e guardi dove vai”
“vaivaivaivai VELOCEEEE!!!”
“giu’ vicino alla neve, lo muovi a destra e sinistra, avanti e indietro, e trovi dove il numero è il piu’ basso”
“ecco, questo qui è il box, esci la sonda”
“VELOCEEEEEE!!!!!”

ecc. ecc. ecc.

Ci accingiamo a prepararci la cena, a questo punto una simpatica sorpresa: le previsioni anticipano il brutto tempo alle 16, dobbiamo essere veloci, non è tranquillizante. A letto presto, poche ore di sonno agitato, sveglia alle 3.30, fornellino col te, gocciole (che in quota l’olio di palma non lo consideriamo) e poi è click di frontali, ringhio di ramponi, fruscio di corde e cozzare metallico del materiale, usciamo e non è freddo come ci aspettavamo, ne siamo un po’ contenti e un po’ preoccupati per le condizioni della neve nella mattinata, per ora è splendida. Dopo un’ora scarsa siamo sotto l’attacco della nord: gli abbracci sono stretti, ci dividiamo le radio: “Ci vediamo in cima cumpà!” “dai dai, cazzimma ma tranquilli e concentrati!”.

“abbiamo fatto bene vero?”
“certo che abbiamo fatto bene”
“la faccio io la terminale o la fai te?”
“come vuoi”
“la faccio io, poi te ti diverti in mezzo al canale”

Non è rassicurante dividersi dai due più esperti alle 5 del mattino sotto al Monte Bianco. Camminiamo ancora mezz’ora e siamo all’attacco del Gervasutti. La terminale si passa a sinistra, non è molto problematica. Poi saliamo in conserva con un buon ritmo, la neve è fantastica con qualche centimetro di fresca sopra quella trasformata, ci sentiamo a nostro agio sebbene sia la prima volta in queste condizioni per entrambi. A metà canale, con i polpacci che mordono, ci fermiamo a bere, la cordata che ci precedeva è già uscita in cresta, sotto non abbiamo nessuno.

La terminale si passa a dx, ci mettiamo 5 secondi netti il che ci ringalluzzisce mica poco, da qui in su’ rimaniamo in conserva cortina e tiro dritto su un accenno di tracce che puntano il bordo destro del canale, la neve è perfetta, si lascia mordere dai ramponi quanto basta per dare un’ottima sicurezza e permetterci un ottimo ritmo.
Arriviamo alle rocce e le seguiamo in leggera diagonale a destra, qui il terreno si impenna un po’ ma la neve rimane buona, ignoro un cordino su un roccione e mi infilo tra le fauci del canale. Compare il ghiaccio grigio su cui devo fare una decina di passi prima di poter traversare a destra per tornare sulla neve e riprendere in su’. Battezzo un roccione triangolare perfetto per una fettuccia e sosto. La neve è finita e da qui proseguiamo a tiri.

E’ bellissimo e pauroso, una valanga sul Gran Capucin rimette al suo posto l’essere umano rispetto alla montagna. Ripartiamo e dopo poco tempo siamo sulla cresta che ci divide dalla nord.

Parte il socio, perfettamente a suo agio sui 65° di ghiaccio vivo, mette una protezione entro i primi 5 metri a proteggere la sosta (bravo cazzo quanto orgoglio…), fa altri 5 metri e gli compaiono davanti 2 spit nuovi di zecca con un anello di calata. Ci facciamo ingolosire e sostiamo li’ anche se di strada ne abbiamo fatta pochina.
Parte di nuovo il socio, questa volta il tiro è lungo e ci incrociamo un po’ con una cordata che questa sosta qui l’ha saltata, questo ci rallenta un po’ in via e ci rallentera’ alla prossima sosta, chiamo l’altra cordata alla radio, siamo in mezzo al canale, andate in vetta e ci vediamo in cima, mi arriva il segnale di corde libere, mollo tutto, filo le corde, parto.

Usciamo al sole e guardiamo verso il basso, non si vedono i cazzari, non rispondono alla radio.
“sono le 7,20” “cazzo siamo andati forti” il sole illumina ora il Bianco e la Brenva, ho gli occhi lucidi e non è solo l’effetto del vento, ho una sensazione fisica di felicità (questa roba qua o la si prova o spiegarla è, secondo me, impossibile). Qualche passaggio di misto e siamo sulla vetta, abbiamo i brividi e ridiamo.

Mi si è incastrata la zip della tasca della giacca, facendole cmq violenza mi è rimasta direttamente in mano. La radio gracchia, dalla vetta cercano nostre notizie e io non posso rispondere. Mi gira il cazzo con la manovella, la tentazione è di accelerare per andargli incontro, mi impongo di non esagerare e tengo il passo regolare per tutto il nevaio superiore picca/picca/rampone/rampone, pestoni regolari, facili da seguire, ritmo regolare, facile da predirre, voglio che il socio 5 metri sotto di me possa indovinare dove mettere i piedi anche a occhi chiusi.
Ovviamente facciamo una variante psyco sulle roccette del castello di vetta ma ‘sticazzi, giriamo l’ultimo angolo e compare la croce di vetta, presidiata dall’altra cordata del CAZ!

Dopo una mezz’ora decidiamo di scendere, il freddo si fa sentire e i compagni li aspetteremo un po’ più ridossati. Mentre ci alziamo compaiono sotto la vetta, a quel punto abbracci, strette di mano, acqua, cioccolata e sorrisi per non più di qualche minuto che la discesa non è banale e le gite finiscono al rifugio. La neve inizia a spappolarsi, le creste sono molto delicate e i passaggi di misto non sono tra i più agevoli ma ad un certo punto ci cade l’occhio su un paio di cordini intorno ad un pietrone, “togliamoci da sta cresta aerea e facciamo una doppia, poi dovremmo scendere qualche metro faccia a monte e siamo fuori”.

Ragionare.
Le tracce dalla base della parete partono da li’ e da li’, poi altre vengono da la’ ma quelle vengono dalla fine della cresta e quindi ignoriamole. Ignoriamo anche le 2 tracce di sci esterne a destra perche’ vedo segni di scaletta sotto, quelli li’ ci sono arrivati dal basso, non da qui.
Ragionare.
Altre tracce di sci, queste pero’ sotto hanno pulito, quelli li’ come ci sono arrivati? Dal canalone no, perche’ senno’ ci sarebbero peste fresche, quindi ci sono arrivati dall’alto, per esempio o da quel canale li’ o da questo qui. Quel canale li’ è una merda, io una calata da lassopra non la farei, meglio qui, qui con 60 metri quasi arrivi alla terminale. Qui una sosta dove la farei? Uno spuntone, non a destra, che la terminale è piu’ in basso, ma a sinistra, cosi’ mi tolgo subito via il verticale, tipo su quegli spuntoni laggi…. “OH ma quella li’ è una calata?!”  😎

20 minuti dopo superiamo la terminale e ci prepariamo a camminare sul ghiacciaio nel caldissimo mezzogiorno, alle 13 entriamo in rifugio sudati, stanchi, un po’ disidratati e felici, felicissimi. Poi merenda, funivia,merenda e autostrada fino a Genova dove la serata finisce in pizzeria con il resto del c.a.z. di ritorno da Finale.

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