Via degli dei (C.A.Z. sez. Cianciullo)

Tra il calar dell’estate e l’inizio di un operoso autunno di lotta, la sez. “Cianciullo” del C.A.Z. si è trasferita sull’Appennino Tosco-Emiliano, per cimentarsi nel cammino che da Bologna, via monti, raggiunge Firenze: la Via degli Dei.

Il nome di questo percorso prende spunto dalle montagne che si trovano sul tracciato (Monte Adone, Monte Venere, Monzuno, solo per citarne alcuni) e mal cela le radici storiche di questo sentiero: 130 km attraverso i quali si intersecano antichi insediamenti etruschi, tracciati dell’antico Impero Romano, linee di fronte del secondo conflitto mondiale, sentieri partigiani. Ma non solo. Dall’alto delle vette appenniniche si possono scrutare i recenti stravolgimenti che l’uomo ha saputo compiere sui delicati equilibri naturali, costruendo autostrade, impianti eolici, antenne, cave e Tav.

Un percorso, quindi, che ha tutti gli ingredienti per grandiose giornate di fatica, poesia, speculazione dialettica, militanza e, ovviamente, amicizia.

Il tracciato può essere suddiviso in diversi modi, a seconda della preparazione: noi si è optato per la più rapida e performante modalità “5 giorni”, decisamente non per tutti.

Prima tappa: Bologna – Badolo

Si parte dal capoluogo emiliano, in una splendida e calda giornata estiva: da Piazza Maggiore, attraverso lo storico portico, si sale fino al santuario della Madonna di San Luca. Da qui, si ridiscende verso il fiume Reno, attraverso il Parco della Chiusa (dove si possono scorgere i ricoveri antiaerei utilizzati dalla popolazione durante i raid alleati che colpirono il bolognese). Dopo il parco, e dopo una sosta presso il cippo che ricorda la rappresaglia nazi-fascista del 8 settembre 1944, si prosegue, praticamente tutto su asfalto, fino a salire a Badolo. Sicuramente la giornata meno affascinante di tutte, ma perfetta per entrare in sintonia con la “Via”.

Seconda tappa: Badolo – Madonna dei Fornelli

Dopo una nottata di riposo e amicizia, ospitati da un solidale, bolognese di adozione, si riparte, zaini in spalla. Ed è subito grande poesia: da Badolo si scende e si sale verso Monte del Frate prima, e Monte Adone poi. Quest’ultimo, giunti in vetta, regala uno scorcio quanto meno evocativo: dall’alto dei suoi canaloni di arenaria pliocenica si può ammirare la striscia grigia dell’autostrada Bologna-Firenze, che squarcia freddamente il paesaggio. Si prosegue verso Brento e poi per Monteruminici, attraversando quello che resta della Linea Gotica: a parte qualche cartello che ricorda la battaglia che fece collassare il fronte, pochi sono i ruderi realmente visibili, pressoché inglobati nelle molteplici proprietà private a forma di villette, sorte numerose nel dopoguerra. Si pranza a Monzuno, per poi proseguire tosti, attraverso faggeti e castagneti vetusti come il sudore dei boscaioli che li hanno curati, per raggiungere la vetta dolce di Monte Galletto, divenuta preziosa per le speculazioni legate alla costruzione di diversi impianti eolici. Poi discesa verso Madonna dei Fornelli. La tappa più lunga del percorso, ma non avara di emozioni e suggestioni.

Terza tappa: Madonna dei Fornelli – Passo della Futa

Una tappa con poco dislivello, quasi tutto da smaltire all’inizio: più di 400 metri per arrivare a Monte dei Cucchi e poi Pian di Balestra. Il percorso è praticamente tutto sotto la protezione ombrosa di numerose abetine, talvolta dilaniate da ampie fasce di disboscamento massivo. Il sentiero non è segnato sempre perfettamente, e bisogna fare affidamento più che ai segnali alle proprie doti di orientamento, che al C.A.Z. Cianciullo di certo non mancano, nel trekking come nella vita. Durante il percorso si incontrano molteplici tratti della “Flamina Militare”, riscoperta negli anni settanta da archeologi bolognesi: una strada costruita nel primo secolo avanti cristo, per far spostare agevolmente le legioni destinate a sconquassare le popolazioni ribelli al disegno imperialistico di Roma. La Liguria storica, un ampio universo tribale che si estendeva da qui fino ai Pirenei e poco oltre, resistette alla pressione Romana per oltre due secoli, domata definitivamente sotto Augusto.

La discesa nel bosco è molto pittoresca, e non ci accorge che passo dopo passo si è giunti in Toscana; la tappa si conclude presso il Passo della Futa, dove nel 1969 è stata inaugurato il più grande cimitero germanico su suolo italiano; qui riposano oltre 30mila soldati tedeschi caduti su questo fronte. Il tracciato della “Via degli Dei” fa scendere di qualche chilometro, apparentemente senza alcuna necessità di percorso, se non per toccare e includere un camping, opzione relax per i camminatori, ma che obbliga il giorno successivo a recuperare quota, perdendo tempo e energie preziose sulla statale.

Quarta Tappa: Passo della Futa – San Piero di Sieve

Si riparte, e come primo obiettivo quello di smarcare rapidi la vetta del Monte Gazzaro, che offre un’ottimo scorcio verso le amene vallate toscane. Dopo aver superato il passo dell’Osteria Bruciata, si prosegue, in un ipnotico susseguirsi di sale e scendi, attraverso un bosco agli occhi senza limiti, fino alla fiabesca chiesetta di San Lorenzo (XIII secolo), in quel di Montepoli. Questo tratto, ai bordi della zona del Mugello, è privo di fonti d’acqua, prosciugate dagli scavi della Tav, e anche le indicazioni del sentiero scarseggiano. Spesso contraddittori, i segnali e la loro ricerca sul percorso diventano ossessione, vista la quantità di deviazioni e incroci. Ma i Cianciullos sanno come gestire la crisi, inanellando una dopo l’altra le varie opzioni che poi si riveleranno corrette: si raggiunge prima Sant’Agata, e poi via di gran corriera, fino a San Piero di Sieve. Scavallato il colle del Castello di Trebbio, antica fortezza medicea, ecco il campeggio, quasi deserto, che darà il meritato rifugio notturno.

Quinta tappa: San Piero di Sieve – Firenze

L’ultima tappa si presenta subito come non facile: dalle guide si evince che il percorso prevede molto dislivello sia positivo che negativo, e soprattutto molto asfalto. Ma la vicinanza della meta rende veloci come treni: dopo il primo tratto verso Monte Senario, si ridiscende e si risale per la modesta vetta delle Croci, per poi sostare al Passo della Catena. L’asfalto rende meno poetica la camminata, ma trasporta la spedizione fino a San Martino e poi Fiesole. Da qui, il percorso è pressoché tutto su strade, spesso ad altro scorrimento, tanto che evitarselo non sarebbe gran peccato… e infatti, visto che il C.A.Z. Cianciullo è scafato nel peccare, la scelta pare ovvia: il pensiero di una birra, comodi davanti a Santa Croce, diventa prepotente, come il senso di libertà che permette di non rimanere legati a coatti sentimenti di spacconeria performativa. Un utile regionale, pieno del popolo di pendolari, dopo così tanto camminare tra boschi, alberi e storia, ci porta nella grande Firenze e poi gli ultimi passi fino al suo cuore, davanti a Palazzo Vecchio. Gli dei sono finiti, ora è tutto umano.

Il C.A.Z. Cianciullo, dopo l’impresa, si gode una serata mondana, mescolati tra il turismo borghese che trasforma la bellezza in capitale. Ma poi, che cosa è il Bello? Che cosa è Arte? Una cattedrale? Un bosco? Un treno? Difficile trovare le risposte, dopo il bulimico vortice di suggestione di questi 5 giorni. La risposta ci appare, però, chiara sul treno che ci riporta a Genova, dove i nostri monti ci aspettano, con il loro carico di storia e di lotta ancora da compiere.

 

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