Silenzio. Il fiato si condensa sul mare di ghiaccio verticale. L’acqua di fusione scorre dolcemente sugli scarponi ramponati. Silenzio. Riapri gli occhi e vai su. Incastri una piccozza nel blu di una fenditura, poi l’altra. Tengono. Vai su frantumando ghiaccio come se fosse vetro. Silenzio. Tu e il ghiaccio. Ci sono cose che si sognano da una vita. Un braccio dopo l’altro, un piede dopo l’altro. Di fatto cammini sull’acqua. Come Gesù. Ma e meglio perché in verticale. E quando sei in cima con la corda tesa e inizi a calarti, ti rendi conto che questo è nulla. Il ghiaccio è una parte dell’anima della montagna. La più estrema, la più affascinante. Blocca il tempo costruendosi in strutture imprevedibili. Salti nel vuoto fermati in un flash. Non pensavi che avresti mai avuto la possibilità di affrontarlo. Un sogno. Trasformato in obiettivo e poi in realtà. Posi i piedi per terra. Ora sei qui con i tuoi compagni del CAZ. Uomini e donne che sanno cos’è la montagna. Piccozze nel ghiaccio, mani sulla roccia, scarponi ai piedi.
La falesia di castello oggi non è al massimo. Fa caldo, il ghiaccio è morbido e bagnato, le vie disponibili non sono molte. Eppure sono il giorno e il posto perfetto per provare. La sveglia alle quattro non ha fiaccato i nostri muscoli né tantomeno le nostre menti. Tre ore di viaggio e per le otto siamo alla base della falesia. Il fatto che sia artificiale non le toglie nulla in quanto a fascino. Soltanto acqua che scorre, il resto fanno il freddo e la roccia. Il muro di azzurro gelato è imponente. Le pieghe e i pinnacoli gotici che prende l’acqua indurendosi sono sculture irripetibili, più belle di quelli di una cattedrale. Tommi e Davide si inerpicano in cima e calano le corde. Oggi l’ingaggio è in sicurezza, ma questo non rende la scalate meno dure. A turno si va tutti su pendenze che non sono meno di novanta gradi. Si parte intimoriti si scende sorridenti, anche se non si è chiusa la via. Il ghiaccio è totale, ti entra dentro. Tanto corpo, tante braccia, tanta attenzione ai movimenti e alla parete. La fortuna di avere un gruppo di compagni pronti a condividere esperienze e conoscenze. Oltre che attrezzature. La montagna, la neve, il ghiaccio, le cime, la roccia ad unirci come le dita di una stessa mano. Le indicazioni e le rassicurazioni gridate da terra. “Sembra che non ce la fai. E invece ce la fai!” “Riposa le braccia, prendi un respiro, ora continua!” “Non spaccare tutto, la cascata serve anche a noi!” Scaliamo come dei matti, senza interruzioni, senza soste. Ognuno dà tutto appesi all’acqua dura come sospesi sul nulla. Si arriva in alto, insieme o da soli, incrociando sguardi e sorrisi. Scambiamo anche le corde fissate con un gruppo di ragazzi piemontesi che ingaggia le nostre stesse vie. Solidarietà di alpinisti, perché la corda non è che uno strumento, ciò che conta è la parete. A mezzogiorno siamo esausti. Il ghiaccio cola come colpito da un raffreddore e i famosi Ravioles della Val Varaita ci attendono in una trattoria poco distante. Lasciamo la falesia colmi di desiderio, consapevoli che non è che l’inizio. Il prossimo passo per tutti (freddo permettendo) è una cascata vera. Fatta di silenzi e di freddo pungente. Presto il corpo del CAZ sarà pronto ad essere di nuovo sui monti. Presto saremo di nuovo ghiaccio e montagna.