Una montagna è fatta degli sguardi che la raggiungono, dei piedi che la calpestano, delle voci che la raccontano. In più di 150 abbiamo calpestato il confine che divide in due il monte tra Ventimiglia e Mentone. L’abbiamo fatto per ricordare che la montagna è un luogo dove camminare ritti guardando l’orizzonte. Un territorio di incontro in cui si va tra pari, senza discriminazioni, nella messa a valore delle differenze. In montagna si va rispettando tutto quello che ti circonda, al passo del più lento. Qui non è assolutamente accettabile negare un aiuto a chi ne ha bisogno. Eppure proprio su questo terreno c’è chi muore perché gli è vietato attraversare un confine. Uomini e donne migranti provano a passarlo di notte braccati dalla polizia perché al di là c’è un sogno, una vita o la fine di un viaggio. Abbiamo deciso di calpestarlo questo confine per portare ancora più luce sulla violenza che le persone e le montagne subiscono a Ventimiglia. Nessuno deve essere braccato per il colore della sua pelle, nessuno deve morire perché costretto ad attraversare un monte senza esserne preparato. L’abbiamo voluto fare in tanti, uomini donne e bambini, con gli zaini carichi ed i visi esposti al sole. L’abbiamo fatto partendo da sotto il ponte dell’autostrada di Ventimiglia dove ai viaggianti si prova a negare la dignità nell’assurda intenzione di non farli più arrivare. Vietato riscaldarsi dentro alle tende anche nei giorni d’inverno, vietato distribuire cibo a chi ha fame, vietato aprire fonti di acqua potabile. L’abbiamo fatto arrivando fino in Francia di fronte a quella polizia che non ci ha degnato di uno sguardo. Bonjour, dicevano, attenti solo a scrutare chi avesse la pelle nera. L’abbiamo fatto perché pensiamo che di questi tempi ci sia bisogno di ritrovare un senso comune di umanità laddove soltanto si predica odio o si guarda dall’altra parte. In montagna non ci si volta dall’altra parte. In montagna le cose le si fissa col centro dello sguardo. Passo dopo passo salendo assieme verso la vetta. Salendo assieme oltre ogni confine.
Ringraziamo per le foto Paolo Gambaudo.